L’articolo ha come oggetto il problema della soggettività nella filosofia di Antonio Damasio. Lo studioso portoghese pone in bilico la tradizionale nozione di soggettività mostrando che la tanto indiscussa e granitica unità della coscienza vacilla o addirittura si frantuma sotto i colpi dei mutamenti biologici e neuronali. Cosa vuol dire avere un carattere? Cosa determina alcuni atteggiamenti? Su che base è possibile affermare che determinate decisioni appartengono ad uno specifico soggetto e sono pienamente in linea con la sua soggettività? L’articolo si propone di fare chiarezza su tutti i precedenti quesiti non tralasciando di approfondire, una volta rilevati i mutamenti prospettici e di significato che l’autore propone, il concetto di persona, svelando in che modo si possa parlare ancora di dell’io e del cogito non ignorando più la riflessività intrinseca dell’irriflesso più importante: il corpo proprio. I testi di riferimento da cui potranno diramarsi molteplici riflessioni saranno L’errore di Cartesio e Alla ricerca di Spinoza, testi in cui si intrecciano più specificamente e con maggiore efficacia motivi psicologici a fattori meramente fisici e biologici. Il dogma della soggettività si scioglie e diventa un autentico problema allorquando si è costretti a rilevare che a seguito dell’asportazione di un tumore o di un grave incidente che porta ad una grave menomazione, il soggetto colpito cambia umore, la personalità e la capacità decisionale senza alcuna possibilità di essere libero. Che ne è, dunque, del libero arbitro, della responsabilità e della decisione se al mutamento delle strutture fisiche e dei fattori chimico-biologici mutano inesorabilmente le scelte, le decisioni e tutto ciò che compone la libera base soggettiva dell’agire?